Nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo, poche figure incarnano la versatilità creativa e la passione visionaria di Josef Fares. Nato in Libano nel 1977 e trasferitosi in Svezia durante la guerra civile, Fares ha tracciato un percorso professionale straordinario che attraversa due mondi apparentemente distanti: il cinema e i videogiochi. La sua carriera inizia come regista cinematografico di successo, con film acclamati dalla critica come “Jalla! Jalla!“, “Kopps” e “Zozo“, quest’ultimo vincitore del prestigioso Nordic Council Film Prize. La sua transizione nel mondo videoludico avviene nel 2013 con Brothers: A Tale of Two Sons, un’opera che fonde magistralmente narrazione emotiva e meccaniche di gioco innovative.

La fondazione di Hazelight Studios segna l’inizio di una nuova era nella sua carriera creativa. Con questo studio indipendente, Fares sviluppa titoli innovativi. “A Way Out” nel 2018 introduce un approccio narrativo unico all’esperienza multiplayer; il suo capolavoro “It Takes Two” conquista il premio Game of the Year nel 2021, consacrando definitivamente il suo talento nell’industria videoludica. Il suo ultimo progetto, Split Fiction, continua a spingere i confini della narrazione interattiva, confermando la sua capacità di innovare costantemente.
Ciò che distingue Fares nel panorama creativo è la sua personalità schietta. La sua visione artistica non conosce compromessi. Il suo famoso discorso ai Game Awards 2017, con la celebre frase “Fuck the Oscars“, rivela un creatore che non teme di esprimere le proprie opinioni con passione e autenticità. La sua filosofia di design pone al centro l’esperienza condivisa; i suoi giochi non sono semplici prodotti di intrattenimento, ma vere e proprie opere d’arte interattive che esplorano relazioni umane complesse.
La storia di Fares è quella di un artista che ha saputo reinventarsi, portando la sua sensibilità cinematografica nel mondo dei videogiochi e creando esperienze che trascendono i confini tradizionali dei media.
Dal libano alla Svezia: il viaggio creativo di un regista visionario
La storia di Josef Fares inizia a Beirut, Libano, dove nasce il 19 settembre 1977. La sua infanzia è segnata dal fragore della guerra civile libanese, un conflitto che costringe la sua famiglia a cercare rifugio in Svezia quando Josef ha appena dieci anni. Questo trasferimento forzato segna profondamente la sua sensibilità artistica e diventa il primo capitolo di una storia di resilienza e adattamento. La famiglia Fares si stabilisce a Örebro, dove il giovane Josef inizia a costruire una nuova vita in un paese culturalmente distante dalla sua terra natale. L’esperienza dell’immigrazione e il confronto tra culture diverse saranno temi ricorrenti nelle sue future opere creative.
In Svezia, Fares sviluppa presto una passione per il cinema e le arti visive. La sua formazione artistica non segue percorsi accademici tradizionali. È piuttosto il risultato di una curiosità innata; possiede un talento naturale per la narrazione visiva. Questa libertà dai vincoli formali gli permette di sviluppare uno stile personale e autentico. Il suo approccio alla regia si distingue per la capacità di fondere elementi drammatici con momenti di leggerezza. L’umorismo e il dramma si mescolano perfettamente; questa combinazione diventa la sua firma stilistica anche nei futuri progetti videoludici.
Debutto cinematografico

Il debutto cinematografico di Fares avviene nel 2000 con “Jalla! Jalla!“, una commedia che esplora temi di integrazione culturale e identità attraverso la storia di due amici, uno svedese e uno libanese. Il film ottiene un notevole successo di pubblico e critica in Svezia; la sua capacità di affrontare tematiche sociali complesse con un tono leggero e accessibile conquista immediatamente il pubblico scandinavo. Seguono altre opere significative come “Kopps” (2003), una commedia poliziesca che conferma il suo talento per la narrazione ironica e incisiva.
Il momento di svolta nella sua carriera cinematografica arriva nel 2005 con “Zozo“, un film parzialmente autobiografico che racconta la storia di un ragazzo libanese che fugge dalla guerra civile per trasferirsi in Svezia. L’opera, che attinge chiaramente dall’esperienza personale di Fares, riceve riconoscimenti internazionali e vince il prestigioso Nordic Council Film Prize. La critica apprezza particolarmente la sua capacità di raccontare storie di sradicamento e adattamento con sensibilità e profondità emotiva. “Zozo” rivela anche la sua abilità nel dirigere giovani attori non professionisti, ottenendo interpretazioni autentiche e toccanti.
La famiglia è spesso al centro delle sue narrazioni; i legami familiari vengono esplorati in tutte le loro sfaccettature, dalle tensioni ai momenti di profonda connessione emotiva. Questa tematica diventerà centrale anche nelle sue future opere videoludiche.
Un aspetto interessante della carriera di Fares è il coinvolgimento del fratello, Fares Fares, attore di successo che appare in molti dei suoi film. Questa collaborazione familiare riflette l’importanza che Josef attribuisce ai legami personali, un valore che traspare chiaramente in tutte le sue opere. La capacità di creare personaggi credibili e relazioni autentiche diventa uno dei suoi punti di forza; i protagonisti delle sue storie non sono eroi idealizzati, ma persone comuni con difetti e contraddizioni.
Quando il cinema incontra l’interattività: la nascita di un nuovo linguaggio
Il passaggio di Josef Fares dal cinema ai videogiochi costituisce una delle transizioni creative più interessanti nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo. Questa evoluzione non rappresenta una rottura netta con il passato. Si tratta piuttosto di un’espansione naturale della sua visione artistica. Dopo anni di successi nel cinema svedese, Fares inizia a percepire i limiti della narrazione lineare; la sua mente creativa cerca nuove forme di espressione che permettano un coinvolgimento più profondo del pubblico. I videogiochi, con la loro natura interattiva, offrono possibilità narrative che il cinema tradizionale non può raggiungere.
Nel 2013, questa transizione si concretizza con “Brothers: A Tale of Two Sons“, sviluppato in collaborazione con Starbreeze Studios. Questo primo progetto videoludico rivela immediatamente l’approccio unico di Fares al medium. La storia segue due fratelli che intraprendono un viaggio pericoloso per trovare l’acqua miracolosa che potrebbe salvare il loro padre malato. Ciò che rende “Brothers” innovativo è il sistema di controllo: un singolo giocatore controlla simultaneamente entrambi i fratelli, ciascuno assegnato a una metà del controller. Questa meccanica non è un semplice espediente tecnico; diventa parte integrante della narrazione e culmina nel finale in un momento emotivo di straordinaria potenza.

La critica accoglie Brothers con entusiasmo, riconoscendo la sua capacità di fondere narrazione emotiva e gameplay innovativo. Il gioco vince numerosi premi, tra cui il BAFTA per l’Innovazione nel 2014. Questo successo conferma l’intuizione di Fares: la sua sensibilità cinematografica può trovare nuove forme di espressione nel medium videoludico. L’esperienza di “Brothers” gli permette di comprendere le potenzialità uniche dei videogiochi come strumenti narrativi; la possibilità di creare empatia attraverso l’interazione diventa il fulcro della sua filosofia di design.
Narrazione emotiva nei videogiochi
L’approccio di Josef Fares ai videogiochi si distingue per la sua enfasi sulla narrazione emotiva. Non è interessato a creare mondi virtuali enormi o sistemi di gioco complessi; il suo focus è raccontare storie umane attraverso meccaniche che risuonano con il contenuto emotivo della narrazione. Questa coerenza tra gameplay e tematiche narrative diventa la caratteristica distintiva delle sue opere. In “Brothers“, il sistema di controllo riflette il legame tra i due protagonisti; le meccaniche di gioco non sono separate dalla storia, ma ne diventano un’estensione naturale.

La transizione di Josef Fares dal cinema ai videogiochi comporta anche un cambiamento nel suo approccio alla collaborazione creativa. Se nel cinema manteneva un controllo quasi totale sul processo creativo, nel mondo dei videogiochi deve imparare a lavorare con team più ampi e multidisciplinari. Questa nuova dimensione collaborativa influenza positivamente il suo processo creativo; l’interazione con programmatori, artisti e designer arricchisce la sua visione e gli permette di esplorare possibilità narrative inedite.
Un aspetto fondamentale dell’approccio di Josef Fares ai videogiochi è il rifiuto delle convenzioni di genere. Non è interessato a replicare formule di successo o a seguire tendenze di mercato. “Brothers” non può essere facilmente classificato in un genere specifico; combina elementi di avventura, puzzle e narrazione emotiva in un’esperienza unica. Questa libertà dai vincoli di genere diventerà una costante nella sua carriera videoludica.
Il successo di “Brothers” convince Josef Fares che il suo futuro creativo risiede nei videogiochi. La possibilità di coinvolgere il pubblico in modi nuovi lo affascina. L’interattività offre profondità inedite; questa diventa la sua principale motivazione. Questa convinzione lo porta a una decisione importante: fondare un proprio studio di sviluppo per avere maggiore libertà creativa e perseguire la sua visione senza compromessi.
La rivoluzione cooperativa: “A Way Out“
Forte dell’esperienza acquisita e determinato a esplorare ulteriormente le potenzialità narrative dei videogiochi, nel 2014 fonda Hazelight Studios, uno studio di sviluppo indipendente con sede a Stoccolma. Questa decisione costituisce un momento fondamentale nel suo percorso creativo. Avere uno studio proprio gli consente maggiore libertà; può perseguire la sua visione artistica con pieno controllo. Hazelight nasce con una missione chiara: creare esperienze videoludiche innovative che mettano al centro la narrazione e la cooperazione tra giocatori.
Il primo progetto di Hazelight, “A Way Out“, viene pubblicato nel 2018 in collaborazione con Electronic Arts attraverso il programma EA Originals. Questo titolo introduce un concetto radicale: un’esperienza esclusivamente cooperativa, giocabile solo in due, sia online che in locale con schermo condiviso. La storia segue Vincent e Leo, due detenuti che pianificano una fuga dal carcere e la successiva vendetta contro chi li ha traditi. La struttura narrativa di “A Way Out” è profondamente cinematografica. Le inquadrature e i movimenti di camera sono studiati nei minimi dettagli; il montaggio rivela chiaramente la formazione di Fares come regista. Il gioco alterna momenti di intensa azione a sequenze più intime e riflessive, creando un ritmo narrativo che ricorda quello di un film.

Ciò che distingue “A Way Out” è il modo in cui la cooperazione diventa parte integrante della narrazione. I due giocatori devono coordinare le proprie azioni per progredire; questa necessità di collaborazione riflette l’evoluzione del rapporto tra i protagonisti. Le meccaniche di gioco cambiano costantemente durante l’avventura; Fares non esita a introdurre nuovi elementi di gameplay quando la narrazione lo richiede. Il finale emotivamente potente dimostra come le meccaniche cooperative possano creare momenti narrativi di straordinaria intensità.
Arriva il trionfo con It Takes Two
Il vero trionfo di Hazelight arriva nel 2021 con “It Takes Two“, un’avventura cooperativa che porta la visione di Fares a nuovi livelli di eccellenza. Racconta la storia di Cody e May, una coppia sull’orlo del divorzio che viene magicamente trasformata in bambole dalla figlia. Costretti a collaborare per tornare alla normalità, i due protagonisti intraprendono un viaggio surreale attraverso ambienti fantastici ispirati alla loro casa e al loro giardino. Ogni livello introduce meccaniche di gioco completamente nuove.

“It Takes Two” si distingue per la sua straordinaria creatività ludica. Fares e il suo team non si accontentano di creare un’esperienza coerente; ogni sezione del gioco potrebbe essere sviluppata in un titolo completo. Il gioco affronta temi maturi come la crisi matrimoniale, la genitorialità e la comunicazione nelle relazioni, ma lo fa con un tono che alterna momenti di profonda emotività a situazioni comiche e surreali. Questa combinazione di leggerezza e profondità emotiva ricorda lo stile dei suoi film.
Il successo di It Takes Two supera ogni aspettativa. Il gioco vince oltre 50 premi, incluso il prestigioso Game of the Year ai Game Awards 2021.
La filosofia di design di Hazelight Studios, sotto la guida di Fares, si basa su alcuni principi fondamentali. Il primo è la centralità dell’esperienza cooperativa; i giochi sono progettati per essere giocati insieme, creando momenti di condivisione e complicità tra i giocatori. Il secondo è la varietà costante; ogni sezione introduce nuove meccaniche e situazioni, mantenendo alta l’attenzione e la curiosità. Il terzo è l’integrazione tra gameplay e narrazione; le meccaniche di gioco non sono separate dalla storia, ma ne diventano un’estensione naturale. Questi principi definiscono l’identità creativa dello studio e lo distinguono nel panorama dell’industria videoludica.
L’opera più ambiziosa di Josef Fares : Split Fiction
Il 2025 segna un nuovo capitolo nella carriera di Josef Fares con il lancio di Split Fiction, l’opera più ambiziosa di Hazelight Studios fino ad oggi. Questo titolo costituisce l’evoluzione naturale del percorso creativo iniziato con “Brothers” e proseguito con “A Way Out” e “It Takes Two”. La premessa narrativa di Split Fiction è tanto semplice quanto geniale.

Due scrittori, Mio e Zoe, collaborano alla stesura di un romanzo; questo prende magicamente vita davanti ai loro occhi. I giocatori controllano questi personaggi mentre esplorano i mondi generati dalla loro immaginazione, passando continuamente dalla realtà alla finzione. Questa struttura meta-narrativa permette a Fares di esplorare il processo creativo stesso. Il gioco diventa una riflessione sulla natura della narrazione; offre spunti profondi sulla collaborazione artistica.
I nomi dei protagonisti, Mio e Zoe, sono un omaggio alle sue due figlie. Questa connessione personale si riflette nella profondità emotiva della narrazione; il gioco esplora temi di memoria, identità e il potere delle storie di connettere le persone. Come nei suoi lavori precedenti, Fares non esita a mescolare momenti di intensa emotività con situazioni surreali e umoristiche. Questa combinazione crea un’esperienza tonalmente ricca che risuona con un ampio spettro di emozioni umane.
Per maggiori dettagli sul gioco puoi leggere l’articolo ad esso dedicato.
La visione di Josef Fares
In numerose interviste rilasciate dopo il lancio di Split Fiction, Fares ha avuto modo di esprimere la sua visione sull’industria dei videogiochi e sul futuro del medium. Mantiene una posizione ferma contro la monetizzazione aggressiva e le tendenze che sacrificano l’esperienza artistica per il profitto immediato. In un’intervista a Vice, ribadisce la sua opposizione agli NFT e ai modelli di gioco live service, affermando che “per me, i videogiochi sono arte“. Questa posizione riflette la sua integrità creativa; Fares crea giochi che vuole giocare, non prodotti progettati per massimizzare i ricavi.
L’impatto culturale del lavoro di Josef Fares va oltre il successo commerciale dei suoi giochi. Ha contribuito a legittimare i videogiochi come forma d’arte espressiva, capace di comunicare emozioni complesse e affrontare temi maturi. La sua transizione dal cinema ai videogiochi ha dimostrato come le competenze narrative possano arricchire il medium interattivo; allo stesso tempo, ha evidenziato le possibilità uniche offerte dall’interattività rispetto alla narrazione lineare. Fares costituisce un ponte tra diverse forme d’arte; la sua capacità di fondere sensibilità cinematografica e design videoludico ha aperto nuove strade per la narrazione interattiva.
I suoi giochi portano chiaramente l’impronta della sua personalità e delle sue convinzioni artistiche. Questa autenticità ha creato un legame speciale con il pubblico; i giocatori riconoscono e apprezzano la passione e l’integrità che caratterizzano le sue creazioni. Split Fiction costituisce l’ultima espressione di questa visione autoriale, confermando Fares come uno dei più importanti narratori interattivi della sua generazione.
Josef Fares : conclusione
Il viaggio creativo di Josef Fares costituisce una delle traiettorie più affascinanti e significative nel panorama dell’intrattenimento contemporaneo. Dal Libano alla Svezia, dal cinema ai videogiochi, il suo percorso è caratterizzato da una costante evoluzione artistica e da un’incrollabile fedeltà alla propria visione creativa. Ciò che distingue Josef Fares non è solo il suo talento, ma la sua capacità di reinventarsi continuamente senza perdere l’autenticità che caratterizza tutte le sue opere. La transizione dal cinema ai videogiochi non ha rappresentato un abbandono delle sue radici. È stata un’espansione naturale della sua ricerca espressiva. La sensibilità cinematografica continua a informare il suo approccio al design; crea esperienze che fondono il meglio di entrambi i mondi.
La personalità di Fares, schietta e appassionata, ha contribuito a umanizzare un’industria spesso percepita come distante e corporativa. Le sue apparizioni pubbliche, caratterizzate da un entusiasmo contagioso e da un’onestà disarmante, hanno creato un legame diretto con il pubblico. Non è solo un creatore di giochi, ma un appassionato difensore del valore artistico del medium; la sua voce ha contribuito a legittimare i videogiochi come forma d’arte espressiva, capace di comunicare emozioni complesse e affrontare temi maturi. In un’epoca di comunicazioni aziendali attentamente calibrate, l’autenticità di Fares brilla. Il suo approccio diretto risulta rinfrescante; ispira sia colleghi che appassionati.
Dal dramma umano di Zozo alla fantasia surreale di Split Fiction, il filo conduttore rimane la sua capacità di raccontare storie che risuonano con l’esperienza umana fondamentale. In un’industria dell’intrattenimento sempre più dominata da algoritmi e formule, la voce distintiva di Josef Fares ci ricorda il valore insostituibile della visione autoriale e della passione creativa autentica.