DOOM: The Dark Ages (PEGI 18), pubblicato da Bethesda e sviluppato da id Software, è un prequel diretto dei reboot del 2016 e di “Doom Eternal”. E’ uno sparatutto in prima persona che fonde il DNA classico della serie con una nuova ambientazione ispirata al medioevo più oscuro. Nasce dalla volontà di id Software di riscoprire le radici della saga, ma con una nuova estetica e un sistema di combattimento radicalmente diverso.

Questo nuovo capitolo per PC (Steam), Xbox Series X|S e PS5 rappresenta un punto di svolta per la serie; rompe con il ritmo frenetico dei predecessori e abbraccia un impianto più pesante e medievaleggiante. Il contesto si sposta secoli prima rispetto agli eventi moderni; il Doom Slayer combatte nel mondo di Argent D’Nur, incatenato al volere dei Maykrs, una razza angelica tanto potente quanto corrotta e distante.
Un cambiamento che si riflette anche nell’estetica generale; non ci sono più laboratori spaziali o strutture industriali ipertecnologiche. Ora si combatte in castelli gotici, tra armature, cattedrali profanate e draghi equipaggiati con reattori. Ogni elemento visivo sottolinea un cambio di paradigma. L’ambientazione mescola elementi di fantascienza retrò e horror gotico. La sensazione è quella di un universo difficile ed arcano, dove l’acciaio è sacro e il sangue è inevitabile. Questa nuova declinazione della saga dimostra che DOOM sa rinnovarsi senza perdere il suo spirito.
The Dark Ages: schiavitù, ribellione e apocalisse demoniaca
La storia comincia con un DOOM Slayer incatenato costretto a combattere come strumento dei Maykrs, esseri divini e manipolatori. Questo dominio, apparentemente indistruttibile, inizia a incrinarsi lentamente. Il regno di Argent D’Nur è assediato da orde demoniache e la vecchia guardia dei Night Sentinels viene decimata.
Il protagonista si ritrova sempre più isolato, ma più motivato a ribellarsi; l’inizio della sua rivalsa è segnato da scelte drastiche. Il viaggio narrativo si articola in venti livelli ben strutturati; ogni area propone un frammento di lore, una mappa sandbox leggermente aperta e sezioni ricche di dettagli. Ci sono collezionabili, passaggi nascosti e micro-cinematiche ben dosate.

La trama si sviluppa più per immagini e gesti che attraverso lunghi dialoghi; la narrazione è per lo più visiva, simbolica e iconografica. Momenti come la liberazione del Doom Slayer, la cavalcata sul drago o il confronto finale tra mondi restano impressi. Nonostante le atmosfere richiamino una tragedia, il tono resta grottesco e a tratti ironico. Si combatte con rabbia, ma anche con un certo sorriso oscuro; si ride del caos mentre lo si affronta, con disincanto.
Gameplay: lentezza brutale e strategia tattile
La vera svolta di Doom: The Dark Ages è la sua struttura di combattimento. Niente più doppio salto o dash acrobatici; qui si combatte con i piedi piantati a terra, come un carro armato arrabbiato. Il Doom Slayer si muove con potenza contenuta; ogni suo attacco, però, è carico di un peso micidiale. Non è più questione di velocità, ma di impatto; ogni colpo dev’essere pensato, misurato, indirizzato al punto giusto.
L’introduzione dello scudo-lama, un’arma che funge sia da parata che da proiettile, cambia completamente il ritmo. Bloccare, deviare e contrattaccare diventa essenziale; è un ritmo da gladiatore più che da acrobata. La parata cronometrata è la chiave per sopravvivere alle ondate nemiche; un errore, e il prezzo è altissimo.
Ogni demone ha pattern precisi ma leggibili; alcuni attacchi si possono rispedire al mittente se bloccati al momento giusto. Bisogna osservare, scegliere, agire. I nemici sono tanti, diversi e spietati; a volte appaiono in combinazioni che costringono a cambiare approccio. C’è varietà anche nelle armi: si passa da fucili a pompa devastanti a lanciaplasma, lanciafiamme, granate adesive e, ovviamente, la motosega immancabile.
Ognuna ha una funzione tattica precisa; usarle nel giusto momento può fare la differenza. Il gioco non si limita a scontri corpo a corpo; offre anche sezioni su scala maggiore, dove si guida un mech gigantesco o si vola a dorso di un drago armato fino ai denti. Questi intermezzi spezzano bene l’azione; danno respiro e allo stesso tempo aggiungono spettacolarità.
Le Glory Kill sono state riviste: sono più rapide, meno invasive rispetto a “Eternal”; ora sono colpi netti, secchi, che non interrompono il flusso.

The Dark Ages: solo single player, ma senza rimpianti
DOOM: The Dark Ages è pensato esclusivamente per la campagna in solitaria. Niente multiplayer, niente co-op, nessuna modalità online. In compenso, offre una longevità soddisfacente con oltre venti livelli, ciascuno esplorabile per segreti e sfide extra. La difficoltà è regolabile e ben calibrata: dalla modalità più narrativa fino a quella pensata per veterani, il gioco si adatta a diversi stili.
Le opzioni di accessibilità sono ricche, permettono di personalizzare interfaccia, controlli e aiuti visivi. L’assenza del multiplayer viene controbilanciata dalla qualità del level design: ogni area ha un suo ritmo, un suo tema e una sua identità visiva e ludica. Ci sono momenti di puzzle leggeri, sfide a tempo e arene da sterminio totale. Tutto questo, unito a una narrazione che si evolve tra le missioni, garantisce un’esperienza compatta ma ricca.

Grafica e sonoro
Il comparto visivo di DOOM: The Dark Ages è sorprendente e spettacolare; si distacca nettamente dagli ambienti sci-fi degli episodi precedenti. Il gioco propone ambientazioni ispirate al medioevo più oscuro: castelli gotici, rovine fumanti, campi di battaglia disseminati di cadaveri e sangue, laboratori decadenti invasi da carne mutata e cieli strappati da portali demoniaci.
Ogni livello sembra uscito da un incubo. La palette cromatica è cupa; mescola toni lividi, verdi acidi, rossi pulsanti e blu elettrici, creando contrasti che attraggono. I modelli dei nemici sono curati in modo maniacale. Le animazioni sono fluide e brutali; gli effetti particellari amplificano l’impatto visivo. Ogni esplosione diventa un breve inferno pirotecnico; ogni parry scatena scie energetiche taglienti.

DOOM: The Dark Ages utilizza una versione evoluta dell’id Tech 7, il motore grafico proprietario di id Software già impiegato in Doom Eternal. Questa tecnologia spinge al massimo la resa visiva mantenendo una fluidità costante anche durante le fasi più caotiche. L’id Tech 7 permette una gestione avanzata degli effetti particellari, delle luci volumetriche e delle animazioni nemiche.
Il sonoro invece è un ritorno glorioso alle origini più feroci della saga: riff metal esplosioni gutturali, urla mostruose e lamiere che si lacerano riempiono lo spazio. La musica segue il ritmo del gioco; sale di volume quando il pericolo si intensifica, si ritrae nei momenti di respiro, lasciando spazio a cori liturgici e sinistri rintocchi di campane.
I sintetizzatori fanno da sfondo costante, generando un’atmosfera solenne. Il mix sonoro è equilibrato e potente; accompagna perfettamente ogni fase dell’azione. Il risultato complessivo è un’esperienza audiovisiva disturbante ma affascinante; capace di risucchiarti completamente nel mondo di gioco e lasciarti sorpreso dopo ogni battaglia.
Conclusione: il passato di Doom è feroce, e ne vale la pena
DOOM: The Dark Ages è un capitolo coraggioso; osa cambiare senza snaturarsi. Cambia registro ma non perde identità, conserva lo spirito che da sempre caratterizza la serie. Introduce meccaniche nuove che non tradiscono le origini. L’approccio più lento, basato sulla parata e sul tempismo, regala un tipo di soddisfazione diversa: una marcia armata, un combattimento pesante, deliberato, feroce.

Ogni scontro diventa uno scambio misurato; ogni parry ben riuscito dà una scarica di adrenalina. La storia, pur senza vette emotive o dialoghi memorabili, è ben costruita; mantiene un ritmo serrato, e regala alcuni momenti forti, visivamente potenti. L’assenza del multiplayer non pesa; ciò che il gioco offre in termini di esperienza narrativa e di gameplay è più che sufficiente.
È un DOOM meno caotico, più solenne; meno frenetico, ma sicuramente più letale. Per chi cerca uno shooter che sappia mordere con stile e brutalità, questo viaggio nel passato è una sfida che merita di essere raccolta. Buon divertimento !
Il gioco per PC è disponibile in pre-acquisto su Steam con contenuti premium a partire da oggi (€109.99), oppure dal 15 Maggio a € 79,99.
Hardware consigliato
Per giocare a DOOM: The Dark Ages su PC, è consigliabile disporre di una macchina moderna con almeno una CPU Ryzen 5 (AMD Ryzen 5 3600 a 3,6 GHz) o Intel i7 (Intel Core i7-8700K a 4,2 GHz), 16 GB di RAM e una GPU dedicata equivalente a una RTX 2060 o superiore.
Puoi giocarlo in 1080p con settings moderati anche da processori con GPU integrata come l’AMD Ryzen 8700G (su socket AM5) o qualsiasi minipc con GPU integrata come il Geekom AE8, il GMKtec NucBox K11 o il potente Beelink SER9.
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