“The Brutalist” è un film del 2024 diretto da Brady Corbet, che narra la vita di László Tóth, un architetto ungherese di origine ebraica sopravvissuto all’Olocausto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Tóth emigra negli Stati Uniti con l’obiettivo di ricostruire la propria vita e carriera. Il film esplora temi come il trauma post-bellico, l’esperienza degli immigrati e la lotta dell’artista per mantenere la propria integrità in un nuovo mondo.
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Con una durata di 215 minuti, “The Brutalist” offre una narrazione profonda e coinvolgente, arricchita da una fotografia in 70mm (IMAX) che esalta la maestosità delle sue immagini. “The Brutalist” è un film che si apre come una finestra su un mondo in transizione. Gli anni post-bellici sono un momento di grandi cambiamenti; le cicatrici della guerra sono ancora fresche, ma c’è anche voglia di rinascita. Da un lato c’è la storia intima di un uomo che combatte per ritrovare se stesso; dall’altro, un visuale ampia sulla società americana di quel periodo.
László Tóth non è solo un architetto; è un simbolo di resilienza. La sua formazione al Bauhaus lo ha preparato a pensare in modo innovativo, ma nulla poteva prepararlo alle sfide che avrebbe affrontato nella nuova terra. L’America lo accoglie con promesse di libertà, ma anche con ostacoli che vanno oltre il lavoro. Il film analizza come l’arte possa essere strumentalizzata; come le idee creative possano essere piegate a esigenze pratiche o politiche. Oggi, come allora, gli artisti devono spesso scegliere tra espressione autentica e compromesso.
Un’architettura fatta di emozioni
Il titolo stesso, “The Brutalist“, fa riferimento allo stile architettonico noto per la sua concretezza e rigidità. Ma qui, il brutale non è solo materiale; è anche emotivo. Il film mostra quanto sia difficile per László trovare un equilibrio tra la sua visione artistica e le aspettative del nuovo ambiente.
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Le sue opere diventano metafore della sua vita; strutture imponenti, ma piene di crepe nascoste. Il regista gioca con questa dicotomia; alcune scene mostrano edifici freddi e geometrici, mentre altre rivelano momenti di vulnerabilità umana. Questo contrasto rende la storia più profonda. Adrien Brody interpreta il ruolo con grande sensibilità; il suo sguardo dice più delle parole e sembra incarnare davvero il personaggio.
Un altro aspetto interessante è il rapporto tra László e sua moglie Erzsébet. La coppia deve affrontare non solo le difficoltà della nuova vita, ma anche i fantasmi del passato. Il loro legame è complesso; a volte fragile, altre volte solido come il cemento armato che caratterizza lo stile brutalista. Questa relazione aggiunge un ulteriore strato alla narrazione. Non è solo una storia di sopravvivenza; è anche una riflessione sul significato di ricostruire qualcosa dopo che è stato distrutto. Il film non offre risposte facili; lascia invece spazio a domande aperte. È un invito a riflettere su cosa significhi davvero costruire una nuova vita.
Trama e sviluppo dei personaggi
La storia segue László Tóth, interpretato da Adrien Brody, mentre cerca di ricostruire la sua vita negli Stati Uniti dopo le atrocità subite durante la guerra. Inizialmente, Tóth fatica a trovare il proprio posto in una società che spesso lo vede come un outsider. La sua determinazione lo porta a collaborare con Harrison Lee Van Buren Sr., un industriale americano interpretato da Guy Pearce, che diventa sia un mentore che un antagonista nella sua vita.
La relazione tra Tóth e Van Buren è complessa, caratterizzata da ammirazione reciproca ma anche da tensioni derivanti da differenze culturali e personali. Felicity Jones interpreta Erzsébet, la moglie di Tóth, il cui sostegno e le cui sfide personali aggiungono profondità alla narrazione.
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Aspetti tecnici e stilistici
“The Brutalist” si distingue per la sua straordinaria realizzazione tecnica. La scelta di girare in 70mm conferisce al film una qualità visiva che richiama i grandi classici del cinema. La colonna sonora, composta da Daniel Blumberg, aggiunge un ulteriore livello di profondità emotiva, riflettendo le lotte interiori dei personaggi e l’atmosfera dell’epoca. Le scelte stilistiche di Corbet, inclusa la struttura narrativa e l’uso del formato widescreen, contribuiscono a creare un’esperienza cinematografica immersiva che cattura l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine.
La scelta migliore per vedere il film è sicuramente quella di optare per una sala IMAX. Le sale IMAX sono dotate di tecnologie specifiche che permettono di sfruttare al massimo il potenziale del formato usato dal regista. Inoltre, il regista Brady Corbet stesso ha dichiarato che non esiste “strumento cinematografico più grande” della cattura in grande formato e che IMAX rappresenta la tela perfetta per la sua visione artistica.
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The Brutalist: Conclusione
La combinazione di una narrazione potente, performance eccezionali e una realizzazione tecnica impeccabile lo rende un film imperdibile per gli appassionati di cinema. Brady Corbet ha creato un’opera che non solo racconta una storia avvincente, ma invita anche a riflettere sulle complessità dell’identità, dell’arte e della resilienza umana.
Dalla sua anteprima al Festival del Cinema di Venezia, “The Brutalist” ha ricevuto ampi consensi dalla critica. Il film è stato paragonato a epiche cinematografiche come “C’era una volta in America” per la sua portata e ambizione. Il film è strutturalmente bello; ogni fotogramma sembra studiato nei minimi dettagli. Ma ciò che colpisce di più è la capacità di far riflettere. Alla fine, lo spettatore si trova a pensare non solo alla storia di László, ma anche al proprio rapporto con il cambiamento e la resilienza.
In un’epoca in cui tutto sembra veloce e superficiale, “The Brutalist” è un invito a rallentare. È un film che chiede di essere guardato con attenzione; ogni dettaglio conta. Offre uno sguardo autentico su un capitolo importante della storia, un’opera che parla al cuore e alla mente.