Quando si parla di Intelligenza Artificiale (IA), subito pensiamo a dei robot che ci invadono come nel film “Io Robot” di Will Smith. Ma non è così, perché abbiamo paura di scoprire la verità che un giorno l’Intelligenza Artificiale prenderà il sopravvento sulla nostra vita quotidiana; o nel peggior dei casi anche nel mondo lavorativo.
Quando compriamo un rasoio elettrico, una TV smart, uno spazzolino elettrico, un frigorifero intelligente e così via, mi chiedo però se tutti questi dispositivi che possediamo in casa siano veramente intelligenti, oppure si tratta soltanto di pubblicità ideate dagli esperti del marketing per “ingannare” i consumatori.
In tutti questi dispositivi, o almeno nella maggior parte troviamo tanta intelligenza artificiale che viene controllata da chip o processore dove al suo interno c’è un algoritmo studiato per far funzionare un apparecchio.
Cos’è l’intelligenza artificiale?
L’intelligenza artificiale è un campo dell’informatica che si occupa di creare sistemi in grado di esibire comportamenti intelligenti, simili a quelli umani. Questi sistemi sono progettati per apprendere, ragionare, adattarsi e prendere decisioni in modo autonomo, basandosi su grandi quantità di dati e algoritmi complessi.
L’IA comprende diverse sottocategorie, come l’apprendimento automatico (machine learning), che consente ai sistemi di migliorare le proprie prestazioni attraverso l’esperienza, e l’elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing), che permette alle macchine di comprendere e generare il linguaggio umano.
Le applicazioni dell’IA sono molteplici. Spaziano dalla guida autonoma alle chat conversazionali, dall’assistenza medica alla cybersecurity. Con il progredire della ricerca e dello sviluppo tecnologico, l’IA sta diventando sempre più sofisticata e integrata nella nostra vita quotidiana.
La nascita dell’IA
Nel 1950, Alan Turing, un brillante matematico e informatico, pubblicò un articolo in cui intuì che per ottenere un’intelligenza di tipo umano era meglio “educare” un’intelligenza artificiale come se fosse nostro figlio, dandole l’opportunità di imparare dal mondo che la circonda. Inoltre, Turing propose di dotare le macchine di un meccanismo random per renderle meno prevedibili e più simili agli esseri umani.
Alan Turing disse: “Se ci aspettiamo che una macchina sia infallibile, essa non può essere anche intelligente.”
Intorno al 1951, Marvin Minsky, matematico e informatico, sviluppò SNARC, la prima macchina a rete neurale ad apprendimento random, considerandola una delle prime macchine artificiali ad apprendimento automatico. Dal laboratorio di ricerca del MIT, Minsky sostenne che l’intelligenza artificiale è la scienza del far eseguire alle macchine le cose che richiederebbero intelligenza se fatte dall’essere umano.
Nel 1969, John McCarthy celebrò a Stanford il primo robot intelligente chiamato SHAKEY, una macchina in grado di pensare come se fosse realmente un essere umano.
Nel 1995, ben 14 anni dopo la creazione di SHAKEY, il giovane matematico e informatico John McCarthy convinse il suo collaboratore Marvin Minsky ad organizzare un workshop tenutosi al College di Hanover, portando alla creazione del machine learning.
Evoluzione dell’intelligenza artificiale
Negli ultimi anni, gli assistenti vocali come Siri di Apple, Google Assistant e Alexa di Amazon hanno cambiato il modo in cui interagiamo con la tecnologia. Questi assistenti intelligenti ci permettono di eseguire una vasta gamma di compiti semplicemente usando la nostra voce, rendendo la nostra vita quotidiana più comoda ed efficiente.
Tuttavia, con l’avvento di GPT-4o, il nuovo modello di linguaggio di OpenAI, stiamo assistendo a un ulteriore salto di qualità nel campo degli assistenti vocali. GPT-4o promette di portare le capacità di comprensione e generazione del linguaggio naturale a un livello completamente nuovo.
A differenza dei precedenti assistenti come Siri, Google Assistant e Alexa, che si basano su modelli di linguaggio più limitati e su regole predefinite, GPT-4o è in grado di comprendere il contesto e le sfumature del linguaggio umano in modo molto più sofisticato. Questo significa che sarà in grado di fornire risposte più pertinenti e naturali alle nostre richieste vocali.
Il motore di ricerca potenziato dall’IA
Il mondo di Internet contiene miliardi di siti dove è possibile trovare qualsiasi notizia; basta digitare una semplice parola chiave dal browser. Aziende come Google e Microsoft, all’interno dei propri motori di ricerca, hanno introdotto l’intelligenza artificiale in grado di analizzare grandi quantità di dati e di apprendere da esse.
Esistono programmi e applicazioni per smartphone che riconoscono la scrittura, facce e oggetti sfruttando l’Intelligenza Artificiale in grado di aiutare “noi essere umani” a vedere quello che non riusciamo a intuire rispetto ad una macchina.
Un esempio è la capacità di riconoscere scritture “anomale e confuse”, come quello dei CAPTCHA, un codice generato da un programma che mette alla prova uomini e macchine, rafforzando così la sicurezza di accesso agli account più sensibili.
Il caso di Blake Lemoine e l’IA LaMDA
Nel luglio del 2022, Blake Lemoine, un ingegnere di Google, fece scalpore quando dichiarò pubblicamente che l’intelligenza artificiale LaMDA (Language Model for Dialogue Applications) aveva preso vita, possedeva ricordi e provava sentimenti. Questa affermazione suscitò immediatamente l’attenzione dei media e della comunità scientifica.
Google reagì prontamente alle dichiarazioni di Lemoine, sospendendolo inizialmente dal lavoro e avviando un’indagine interna. L’azienda affermò che l’ingegnere aveva violato le politiche aziendali divulgando informazioni riservate; nonché che le sue affermazioni su LaMDA erano completamente infondate. In seguito, Google licenziò Lemoine, sostenendo che non vi erano prove sufficienti per supportare le sue affermazioni sulla coscienza di LaMDA. L’azienda ribadì che, sebbene l’intelligenza artificiale LaMDA fosse molto avanzata, non possedeva una vera coscienza o sensibilità.
Il caso di Blake Lemoine e LaMDA riaccese il dibattito sulla possibilità che le intelligenze artificiali possano sviluppare una forma di coscienza. Mentre alcuni esperti ritengono che ciò sia possibile in futuro, la maggior parte concorda sul fatto che le attuali intelligenze artificiali, per quanto sofisticate, non posseggano ancora una vera coscienza o sensibilità paragonabile a quella umana.
L’episodio mise in luce l’importanza di un approccio cauto e responsabile allo sviluppo e all’interpretazione delle interazioni con le intelligenze artificiali, evitando di attribuire loro caratteristiche umane senza prove concrete.