Kathryn Bigelow torna alla regia dopo otto anni di silenzio con A House of Dynamite; un thriller Netflix che ha già acceso polemiche e dibattiti intensi. Proiettato per la prima volta alla Mostra del Cinema di Venezia con standing ovation, il film è arrivato globalmente su Netflix il 24 ottobre 2025; il film è un’analisi spietata del sistema di difesa nucleare americano. Idris Elba interpreta il Presidente degli Stati Uniti, affiancato da Rebecca Ferguson e Moses Ingram, in una narrazione che si concentra su 18 minuti cruciali; il tempo che intercorre tra il rilevamento di un missile nucleare diretto verso Chicago e il suo potenziale impatto.


Bigelow, già vincitrice di un Oscar per The Hurt Locker, adotta una struttura narrativa audace che ripete gli stessi eventi da tre prospettive diverse; la Situation Room della Casa Bianca, il Comando Strategico USA e infine il Presidente stesso. Questa scelta stilistica, inizialmente acclamata, ha generato reazioni contrastanti. Il film ha scatenato un dibattito che divide non solo i critici cinematografici, ma anche gli esperti di sicurezza nucleare e il pubblico generale.
Il film non è un semplice intrattenimento; è un avvertimento deliberatamente provocatorio che mira a riportare la minaccia nucleare al centro del discorso pubblico. La stessa Bigelow ha dichiarato: “Viviamo davvero in una casa di dinamite, e sentivo fosse fondamentale diffondere queste informazioni per iniziare una conversazione“. Missione compiuta, anche se forse non nel modo sperato. Infatti su X e Reddit molti spettatori si sono letteralmente divisi per il finale.
House of Dynamite: struttura narrativa con un finale ambiguo
Bigelow ha adottato una struttura Rashomon; ovvero una tecnica narrativa (ispirata al cinema di Akira Kurosawa) in cui lo stesso evento viene raccontato più volte da punti di vista diversi e spesso contraddittori. La narrazione infatti si ripete tre volte; mostra gli stessi 18 minuti di countdown nucleare da angolazioni diverse. La White House Situation Room, lo United States Strategic Command, e infine il Presidente stesso.
La prima parte del film è adrenalinica e per quarantacinque minuti, sembra che Bigelow abbia creato qualcosa di davvero speciale. Anche il montaggio di Barry Ackroyd (The Hurt Locker, Captain Phillips) mantiene un ritmo serrato, amplificato da un uso chirurgico del suono; il ticchettio dei timer, i respiri compressi nelle maschere, il fruscio dei canali criptati.
Ma poi il film riparte e ripete la stessa sequenza da una prospettiva diversa. Le nuove prospettive offrono pochissimi spunti freschi; trasformano gradualmente quello che doveva essere un coraggioso esperimento narrativo in una ripetizione senza nessun progresso.
[Spoiler] Mentre il missile nucleare si avvicina a Chicago e il film costruisce tensione verso una decisione apocalittica c’è un mancato finale. La reazione sul web è stata molto dura e divisoria. Per alcuni è stato un finale perfetto, per altri è stato il finale peggiore possibile. Ma Bigelow non è interessata al finale; vuole solo farci fare i conti con l’incertezza che governa davvero le crisi nucleari. Il suo obiettivo è provocare domande piuttosto che fornire risposte. [fine Spoiler]
Il Pentagono contesta la rappresentazione dei sistemi missilistici di House of Dynamite
Un aspetto particolarmente interessante del dibattito su A House of Dynamite riguarda la sua accuratezza tecnica; specialmente per quanto riguarda i sistemi di difesa missilistica. Il Dipartimento della Difesa ha emesso un memorandum il 16 ottobre per affrontare alcune “false assunzioni” del film. Nel film, i missili intercettori hanno un tasso di successo del 61% nell’abbattere testate nucleari in arrivo; ma quando vengono lanciati dall’Alaska per intercettare il missile diretto a Chicago, falliscono.
Jeffrey Lewis, studioso di sicurezza globale presso il Middlebury College, ha notato che mentre un singolo intercettore ha poco più del 50% di possibilità di successo, le regole attuali richiederebbero il lancio di almeno quattro intercettori contro una minaccia; questo aumenterebbe considerevolmente le probabilità di successo.
Rose Gottemoeller, ex vice segretario generale della NATO, ha definito le ambientazioni “inquietantemente autentiche“, specificando che “la Situation Room della Casa Bianca era assolutamente perfetta“. Il sito di comando sotterraneo dello US Strategic Command a Omaha, Nebraska, è stato descritto come altrettanto accurato. Secondo Gottemoeller anche il famigerato “football” – la valigetta dei codici di lancio nucleare – è stata riprodotta fedelmente; con il suo trasportatore ufficiale che segue ovunque il Presidente.
Bigelow ha affermato che nel film hanno contribuito “molto consulenti tecnici che hanno lavorato nel Pentagono.” Bigelow ha infatti lavorato con il generale in pensione Dan Karbler, ex capo di stato maggiore dello US Strategic Command.


Il film nel contesto geopolitico contemporaneo
A House of Dynamite arriva in un momento storico particolarmente teso per la sicurezza nucleare globale. Cina, Russia e Stati Uniti stanno espandendo e aggiornando i loro arsenali con nuove armi e più armi. All’inizio del prossimo anno, l’ultimo trattato di controllo degli armamenti sopravvissuto tra USA e Russia scadrà.
Il timing del film riflette una crescente consapevolezza tra gli esperti di sicurezza nucleare che i rischi di conflitto nucleare sono attualmente più alti di quanto siano stati da generazioni. La guerra in corso in Europa, le crescenti tensioni nell’Indo-Pacifico, e il deterioramento dei trattati di controllo degli armamenti creano un ambiente precario che rende il messaggio di Bigelow particolarmente urgente. La rappresentazione del Sistema di Comando e Controllo nucleare americano nel film rivela quanto questi sistemi siano vulnerabili alla fallibilità umana. Come ha osservato la regista sulle armi nucleari: “Non ci pensiamo, non ne parliamo. Ed è una situazione impensabile. Quindi, la mia speranza era forse portarle in primo piano nelle nostre vite.”
Il successo o il fallimento del film come opera artistica rimane una questione di gusti personali. Ma il suo valore come catalizzatore per il dibattito pubblico sulla sicurezza nucleare è innegabile. In questo senso, Bigelow ha creato qualcosa che va oltre i confini tradizionali tra intrattenimento e documentazione, tra finzione e realtà; un potente promemoria dei rischi esistenziali che affrontiamo come civiltà.










