Electronic Arts, una delle aziende più longeve dell’intero panorama videoludico, cambia radicalmente pelle. La compagnia californiana fondata nel 1982 (primo gioco pubblicato One on One nel 1983) e nota per titoli come FIFA (ora EA FC), Battlefield, The Sims e Need for Speed abbandonerà presto la quotazione in Borsa (Nasdaq). Il 29 settembre 2025, è stata annunciata una storica acquisizione del valore di 55 miliardi di dollari; acquisizione destinata a trasformarla in una società privata.


L’operazione è stata conclusa da un consorzio guidato dal Public Investment Fund (PIF) dell’Arabia Saudita, affiancato da Silver Lake Partners e da Affinity Partners; fondo di investimento fondato da Jared Kushner. L’acquisizione è definita come il più grande leveraged buyout (LBO) mai realizzato nel settore tecnologico; supera anche il record precedente di TXU Energy nel 2007. Gli azionisti EA riceveranno 210 dollari per azione, con un premio del 25% rispetto al prezzo pre-annuncio.
L’operazione arriva in un momento cruciale per Electronic Arts, che da mesi sta preparando il lancio di Battlefield 6. La transazione dovrebbe chiudersi entro il primo trimestre del 2027, salvo ostacoli regolatori. Il CEO Andrew Wilson resterà al comando; EA manterrà la sede a Redwood City, in California. La chiusura dell’accordo dipenderà dall’approvazione degli azionisti di EA e dai via libera normativi di diverse giurisdizioni, incluso il Comitato per gli Investimenti Esteri negli Stati Uniti.
La transazione arriva poco dopo l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft per 69 miliardi. Per l’Arabia Saudita, l’operazione rappresenta un tassello fondamentale nella strategia di diversificazione economica Vision 2030; strategia che mira a ridurre la dipendenza dal petrolio attraverso investimenti massicci in settori come tecnologia, turismo e intrattenimento.


La storia e l’identità di Electronic Arts: un colosso dal cuore sportivo
Non è semplice sintetizzare la portata culturale di Electronic Arts. In oltre 40 anni di storia, l’azienda ha prodotto serie che hanno venduto centinaia di milioni di copie; ha contribuito a definire generi e tendenze. Il franchise calcistico FIFA (oggi EA FC) ha venduto oltre 325 milioni di unità. The Sims ha superato i 200 milioni. Need for Speed ha oltrepassato i 150 milioni. Non si tratta solo di numeri: sono giochi che hanno accompagnato intere generazioni.
Oltre ai titoli sportivi, EA ha dato vita a titoli narrativi come Mass Effect e Dragon Age, ha distribuito giochi basati su franchise cinematografici come Il Signore degli Anelli e Harry Potter, e ha colonizzato ogni piattaforma possibile; PC, console, mobile. Il suo catalogo è un ecosistema vivo, articolato e interconnesso.
Dall’altro lato, l’azienda ha spesso suscitato critiche per le sue politiche aggressive. Il caso più famoso è quello di Star Wars Battlefront II nel 2017; un sistema di microtransazioni ha permesso di sbloccare personaggi potenti con soldi veri; questo ha scatenato un putiferio di critiche e costretto EA a una rapida retromarcia. Altri flop notevoli includono Anthem, un gioco di ruolo d’azione annunciato come il nuovo pilastro del catalogo EA; abbandonato dopo pochi aggiornamenti a causa di una community delusa da un design di gioco confuso. Anche Command & Conquer: Generals 2 fu cancellato in fase alpha dopo un fortissimo feedback negativo.
Ma al di là delle critiche, EA resta un punto fermo del settore, capace di adattarsi e rinnovarsi.
Perché il fondo saudita punta sul gaming
L’acquisto di EA da parte del PIF si inserisce in una strategia più ampia dell’Arabia Saudita. Attraverso la Savvy Gaming Group, il fondo ha investito in realtà come ESL, FACEIT e Scopely, e possiede già quote in aziende come Take-Two e Embracer Group. L’obiettivo è trasformare il paese in un hub globale del gaming, diversificando l’economia oltre il petrolio.
Questa mossa si affianca ad altri investimenti in infrastrutture, turismo e sport. Non è un caso che Riyadh stia puntando sulla convergenza tra intrattenimento e tecnologia: due pilastri fondamentali per attrarre giovani, stimolare innovazione e consolidare il soft power saudita.
Il gaming è visto come un settore in crescita costante, capace di generare ricavi ricorrenti attraverso servizi online, espansioni e contenuti digitali. EA, con il suo portafoglio sportivo e i suoi modelli di monetizzazione consolidati, è il candidato ideale per far parte di questa visione.
Se da un lato l’operazione promette stabilità e nuovi opportunità, non mancano le preoccupazioni. Parte del finanziamento è composto da 20 miliardi di dollari in debito, che EA dovrà sostenere. Questo potrebbe portare a tagli o a una maggiore pressione sui margini operativi, riducendo la libertà creativa che l’uscita dal mercato azionario vorrebbe invece favorire.
Conclusioni: una nuova stagione per Electronic Arts
L’acquisizione di Electronic Arts si inserisce in un contesto particolarmente dinamico per il settore videoludico. Dopo anni di crescita esponenziale durante la pandemia, l’industria ha affrontato una fase di contrazione che ha portato a tagli del personale e riorganizzazioni aziendali.
EA stessa aveva ridotto circa il 5% della sua forza lavoro nel 2024, allineandosi a trend simili in altre major del settore. La mossa verso la privatizzazione permetterà alla compagnia di focalizzarsi su strategie a lungo termine senza la pressione trimestrale degli analisti di Wall Street; questo aspetto risulta particolarmente importante per lo sviluppo di nuovi franchise. Liberata dalla pressione degli azionisti, EA potrebbe finalmente osare di più, investire in nuove idee e correggere gli errori del passato.
EA sta per lanciare Battlefield 6, uno dei titoli più attesi e potenzialmente redditizi del suo catalogo. Sarà un test decisivo, non solo per il futuro della serie, ma per capire che direzione prenderà l’intera azienda sotto la nuova proprietà.










