Nelle tasche di Masayoshi Son CEO di SoftBank, 2 miliardi di dollari sono un biglietto da visita. Quel biglietto ha appena trovato la destinazione più inaspettata di questo 2025; Intel, colosso americano che da anni cerca di risalire la china dopo aver perso terreno contro NVIDIA e AMD. La notizia è arrivata la sera del 18 agosto, quando SoftBank ha firmato l’accordo definitivo per acquistare azioni Intel a 23 dollari l’una, un prezzo inferiore al valore contabile dell’azienda. Le borse hanno reagito; Intel ha guadagnato oltre il 5% nell’after-hours, mentre SoftBank ha ceduto qualcosa, segno che il mercato è diviso tra chi vede un’opportunità e chi grida alla follia.

Il gesto di Son mette in fila una serie di interrogativi. Perché scommettere su un’azienda che ha chiuso il 2024 con una perdita netta di 18,8 miliardi, la prima dal 1986 ? Perché aiutare un produttore che ha licenziato oltre 24.000 persone in dodici mesi ? Negli Stati Uniti si sta disegnando una nuova mappa geopolitica dei semiconduttori e Intel, per quanto ferita, resta l’unica fabbrica avanzata di proprietà americana capace di produrre chip AI su suolo nazionale.
Dietro la firma c’è anche un rapporto personale. Lip-Bu Tan, nuovo CEO di Intel, è stato membro del board di SoftBank dal 2020 al 2022. Conosce Son da decenni e, quando Trump lo ha attaccato pubblicamente chiedendone le dimissioni, è stato proprio il magnate giapponese a offrire un sostegno visibile. Ma c’è di più: la Casa Bianca è in trattativa per trasformare i 10,9 miliardi di sovvenzioni previsti dal CHIPS Act in una partecipazione azionaria del 10%. Se l’operazione andrà in porto, il governo USA diventerà il primo azionista di Intel.
Intel sotto torchio: licenziamenti, impianti in Ohio e la corsa all’AI interna
Per capire il valore della cifra, bisogna entrare nella fabbrica di Intel. Il piano di Tan prevede chiusure, ridimensionamenti e grandi aperture; lo stabilimento dell’Ohio, a Lordstown, dovrebbe diventare il cuore pulsante della produzione AI, ma i lavori sono rallentati da costi esorbitanti. Un solo impianto di ultima generazione oggi costa tra 20 e 30 miliardi; cifra che rende i 2 miliardi di SoftBank una boccata d’aria più che una ricostruzione.
Alla fine del 2024, Intel contava 99.500 dipendenti “core”; l’obiettivo per il 2025 è 75.000. La divisione Intel Foundry, che produce chip per conto terzi, ha annunciato tagli del 15-20% del personale. Eppure, proprio quella divisione è al centro dell’interesse di SoftBank.
Dal punto di vista tecnico, Intel sta puntando sul processo 18A e 14A; nodi produttivi che dovrebbero competere con i 3 nm di TSMC. Se i piani reggono, il gigante di Santa Clara potrebbe tornare a produrre le CPU di Apple entro il 2026 e diventare partner di NVIDIA per chip AI personalizzati. È questa ipotetica risalita che SoftBank vuole comprare a sconto; sperando di rivendere a prezzo pieno quando i clienti torneranno a bussare alla porta.
SoftBank: fra ARM, OpenAI e l’ombrello di Stargate

Nel portafoglio di SoftBank, Intel è l’ultimo tassello di un mosaico che già include ARM, Ampere Computing (6 miliardi di dollari) e una fetta di OpenAI. ARM progetta l’architettura che oggi spadroneggia nei data-center; Ampere realizza chip ARM ad alte prestazioni; OpenAI è leader incontrastato dei modelli di intelligenza artificiale. Mettere Intel come fornitore di capacità produttiva significa chiudere il cerchio, garantendo una supply chain americana per i propri asset.
C’è poi Stargate, il progetto da 500 miliardi annunciato nel febbraio 2025 da Trump, Sam Altman e Larry Ellison. SoftBank è il principale investitore e ha bisogno di data-center mastodontici che girino su chip prodotti negli USA. I siti Stargate sono ancora in fase di due diligence, ma la fabbrica Foxconn in Ohio acquistata da SoftBank è già destinata a ospitare rack di server. Intel, con i suoi impianti e la sua esperienza, può diventare il cuore tecnologico di questa infrastruttura.
Infine, c’è il vantaggio finanziario. A 23 dollari per azione, Intel è quotata sotto il valore contabile. Il patrimonio immobiliare e produttivo della società è stimato in 109 miliardi, mentre la capitalizzazione di borsa si aggira sui 103. Per SoftBank è come comprare una casa a meno del prezzo catastale; il rischio è che la casa abbia bisogno di ristrutturazioni milionarie, ma il potenziale di rivalutazione resta concreto.
Washington osserva: CHIPS Act e Trump
Mentre SoftBank firma, Washington osserva e valuta. Il CHIPS Act del 2022 ha promesso 39 miliardi di incentivi per riportare la produzione di chip negli USA. Intel doveva ricevere 10,9 miliardi, ma i fondi non sono mai arrivati tutti insieme. Ora, l’amministrazione Trump sta valutando di convertire i grant in azioni, trasformando il governo nel primo azionista di Intel.
Il motivo è anche geopolitico. La Cina controlla oltre l’80% della raffinazione di terre rare; Taiwan ospita il 60% della produzione mondiale di semiconduttori avanzati. Un attacco o un embargo potrebbe paralizzare l’economia americana. Possedere direttamente Intel assicura supply chain interna.
Non è la prima volta che il governo USA entra nel capitale privato: lo stesso mese, il Pentagono ha acquisito il 10% di MP Materials per 400 milioni, garantendosi approvvigionamenti di neodimio. Ma mettere le mani su Intel è un’escalation senza precedenti, perché l’azienda è quotata in borsa e ha milioni di piccoli azionisti.
SoftBank: cosa succede adesso

Il closing dell’investimento SoftBank è previsto nel terzo trimestre 2025, soggetto alle autorizzazioni antitrust. Se tutto va liscio, SoftBank diventerà il sesto azionista di Intel con circa il 2% del capitale. Ma i veri nodi verranno al pettine entro la fine dell’anno, quando la Casa Bianca deciderà se convertire i grant in azioni.
Se la domanda di chip AI non decolla o se la fonderia in Ohio subirà ritardi, il titolo potrebbe tornare sotto i 20 dollari e l’intera operazione potrebbe diventare un’altra voce in rosso nei conti di SoftBank. Al contrario se tutto fila liscio, Intel potrebbe ridiventare l’architetto del futuro digitale americano e SoftBank l’azionista che ha comprato la chiave del successo a prezzo stracciato.
L’ingresso di SoftBank in Intel non è solo fiducia in Intel, ma interesse per ciò che Intel può ancora diventare. Il suo valore sta nel potenziale industriale, nel know-how, nei legami con il governo americano, nella capacità di tornare a essere un player strategico nella catena del valore dei semiconduttori. La sfida non è da poco: TSMC domina la produzione avanzata, Nvidia detta legge nel mondo AI, AMD ha recuperato terreno in ogni segmento. Ma Intel ha ancora le strutture, le risorse umane e ora anche nuovi alleati. Non è detto che basti, ma è un inizio in cui credere.