Spotify ha annunciato una collaborazione con i colossi dell’industria musicale Sony Music Group, Universal Music Group, Warner Music Group, oltre a Merlin e Believe. L’annuncio riguarda l’AI generativa che non minaccia, ma sostiene il lavoro degli artisti. La piattaforma di streaming sottolinea che l’obiettivo è creare strumenti “responsabili” che non sostituiscano la creatività umana, ma la amplifichino, offrendo nuove opportunità sia agli artisti che agli ascoltatori.
La piattaforma ha già iniziato a costruire un laboratorio di ricerca sull’AI generativa e un team di prodotti dedicato. L’obiettivo è di sviluppare tecnologie che riflettano i principi fondamentali stabiliti insieme alle etichette. Questi principi includono partnership trasparenti con le etichette, distributori e editori musicali; la libertà di scelta per gli artisti nel decidere se e come partecipare alle iniziative basate sull’AI. Tra gli altri punti una compensazione equa, la creazione di nuove fonti di reddito e il rafforzamento del legame tra artisti e fan.


Alex Norström, Co-Presidente e Chief Business Officer di Spotify, ha dichiarato: “La tecnologia dovrebbe sempre servire gli artisti, non il contrario. Il nostro focus su Spotify è garantire che l’innovazione supporti gli artisti proteggendo i loro diritti, rispettando le loro scelte creative e creando nuovi modi per i fan di scoprire e godere della musica che amano.” L’azienda rifiuta esplicitamente le proposte di alcuni ambienti tech che vorrebbero abolire il copyright. Sostiene che i diritti dei creatori sono fondamentali. Se l’industria non guida questo cambiamento, avverte Spotify, altri lo faranno senza consenso, senza trasparenza e senza equità.
I principi guida dell’AI musicale secondo Spotify
Il cuore del progetto risiede in quattro principi guida che cercano di bilanciare innovazione e tutela. Il primo è la collaborazione diretta con etichette, distributori e editori attraverso accordi chiari fin dall’inizio. Si evitano, quindi, quelle scorciatoie legali che hanno causato tensioni in altri settori. Spotify non vuole “chiedere scusa dopo”; preferisce stabilire collaborazioni solide prima di lanciare qualsiasi prodotto.
Il secondo principio è la scelta consapevole. Ogni artista o titolare di diritti potrà decidere se, come e quando partecipare a iniziative basate sull’AI. Questo riconosce la diversità di opinioni all’interno della comunità artistica, dove alcuni vedono opportunità e altri solo rischi.
Il terzo riguarda la giusta remunerazione. Spotify promette di creare flussi di reddito nuovi, non di sottrarre quelli esistenti. Gli artisti e gli autori riceveranno un compenso appropriato e un credito trasparente per ogni utilizzo del loro lavoro.
Infine, il quarto principio riguarda il rapporto tra artista e pubblico. Gli strumenti AI non sostituiranno la creatività umana; al contrario, offriranno nuovi modi per esprimersi e interagire con i fan. Con oltre 700 milioni di ascoltatori mensili, Spotify ha un palcoscenico unico. L’AI dovrebbe servire a potenziare i legami tra l’artista e l’ascoltatore e non a sostituirli.
La sfida della credibilità
Nonostante le intenzioni dichiarate, Spotify deve affrontare un clima di diffidenza diffusa. Molti artisti contestano da tempo il modello di remunerazione della piattaforma, ritenendolo inadeguato. Dire che l’AI porterà “nuove entrate” suona bene in teoria, ma richiede prove concrete.
Inoltre, la compagnia è stata criticata per non aver controllato efficacemente la marea di musica generata da AI di bassa qualità che ha invaso il catalogo, danneggiando la visibilità di chi produce musica originale di qualità. Anche se ora parla di “copyright essenziale”, Spotify ha una storia complessa con i diritti d’autore; segnata da cause legali e accuse di sfruttamento. Il successo di questa iniziativa dipenderà dalla sua capacità di tradurre i principi in azioni misurabili. Inoltre, le etichette rappresentano gli interessi commerciali dei loro artisti, ma non sempre quelli dei musicisti indipendenti o emergenti.
Spotify e l’AI musicale: conclusioni
L’AI generativa non sarà un fenomeno passeggero; è destinata a diventare parte integrante del processo creativo e distributivo. La vera domanda non è se l’AI entrerà nel mondo musicale, ma come. Spotify insieme alle principali etichette discografiche cerca di guidare questa transizione. Propone un modello che mette al centro i diritti e le scelte degli artisti. Se riuscirà, potrebbe stabilire uno standard globale per l’uso etico dell’AI nell’intrattenimento.
Il laboratorio AI di Spotify non produrrà solo algoritmi; produrrà fiducia o sfiducia. La posta in gioco è alta. Da un lato, c’è il rischio di un’industria dominata da contenuti generati a basso costo, che soffoca la creatività autentica. Dall’altro, c’è l’opportunità di un ecosistema più ricco, dove l’AI amplifica la voce umana invece di sovrastarla. Spotify sta adottando un approccio collaborativo che potrebbe servire da modello per il resto del settore.










