Negli ultimi mesi, il dibattito globale sull’intelligenza artificiale ha preso una direzione sempre più dominata dalla potenza computazionale e dai modelli linguistici (Large Language Models) sempre più estesi e complessi. Ma secondo Wang Jian, fondatore di Alibaba Cloud e direttore dello Zhejiang Lab, il vero terreno fertile per il futuro dell’AI non si troverà nei parametri o nei petaflop; si troverà nella creatività.

L’intervista concessa a Bloomberg (video integrale disponibile su YouTube) delinea un punto di vista controcorrente e diretto, che invita a smascherare il mito dell’AI come qualcosa di destinato solo a grandi laboratori e superstar della Silicon Valley. Wang spiega che la tecnologia è giunta a un punto di maturazione; non si tratta più di risolvere problemi giocattolo, ma di affrontare questioni complesse, concrete e sistemiche. Ed è proprio in questo contesto che la Cina, grazie al suo mercato dinamico e alla rapidità con cui testa nuove soluzioni, si sta trasformando in un vero e proprio laboratorio a cielo aperto per l’AI.
Wang Jian : la Cina come banco di prova tecnologico
Secondo Wang, il mercato cinese ha un vantaggio peculiare: è caotico ma fertile. La sua enorme scala permette di mettere in circolo idee, testarle e, se necessario, abbandonarle in tempi rapidi. Questo ciclo continuo crea un ecosistema di sperimentazione che altrove richiederebbe anni. Non si tratta solo di testare chatbot o agenti conversazionali; le applicazioni dell’intelligenza artificiale vengono spinte in settori come robotica, sistemi di trasporto, educazione, salute e servizi pubblici.
Wang osserva che è sbagliato considerare l’AI come una linea temporale che porta inevitabilmente da modelli ristretti a quelli generali e superintelligenti; è una trasformazione fluida della capacità umana di pensare, agire e risolvere problemi. La Cina sta esplorando questa trasformazione con strumenti propri, ma soprattutto con una mentalità disposta a osare senza appoggiarsi a preconcetti importati da modelli occidentali.

Il limite del modello Silicon Valley
Uno dei punti più critici sollevati da Wang è il mito del talento come risorsa da comprare. In Silicon Valley, spiega, il mercato si concentra su figure professionali strapagate, attirate da stipendi miliardari. Ma questa corsa al cachet non garantisce risultati reali. Anzi, può creare un circolo vizioso dove i progetti diventano vetrine piuttosto che strumenti concreti.
La vera sfida, secondo Wang, è trovare le persone giuste, quelle in grado di pensare in modo creativo, di usare la tecnologia per costruire applicazioni utili. L’AI non ha bisogno di campioni solitari, ha bisogno di collettività che sperimenta e itera, anche quando i progetti iniziali sembrano destinati a fallire. In questo contesto, l’approccio cinese si dimostra più orizzontale: meno dipendente dal carisma individuale, più attento al contesto, ai bisogni reali, e alle risposte che la tecnologia può fornire nel concreto.
Wang dice che la Cina è un ambiente controllato ma realistico in cui sperimentare, un testbed su cui validare e iterare rapidamente soluzioni tecnologiche prima che vengano eventualmente esportate o adottate su scala più ampia.
Nel caso dell’AI, la Cina offre:
- Una popolazione enorme e digitalmente connessa, che consente la raccolta di feedback e dati su larga scala.
- Un ecosistema industriale flessibile, in grado di integrare nuove soluzioni in tempi molto rapidi.
- Un quadro normativo più permissivo o adattivo, che consente sperimentazioni dove altri paesi avrebbero vincoli più rigidi.
Secondo Wang Jian, questo testbed è fondamentale non solo per sviluppare applicazioni concrete, ma anche per affinare il pensiero attorno all’AI. Il testbed cinese non è solo una questione di tecnologia; è un fenomeno culturale e industriale, dove l’élite tecnologica collabora con startup, governi locali, e imprese tradizionali per provare soluzioni a problemi reali, spesso in tempi molto brevi.
Wang Jian : l’AI tra potenza e creatività
Uno degli errori più comuni nel discorso sull’intelligenza artificiale è quello di confondere potenza computazionale con efficacia. Wang usa un esempio : è come passare da una bicicletta a un aereo; non è solo questione di velocità, è un cambio completo di logica. Eppure, molti attori del settore si ostinano a costruire modelli sempre più grandi, convinti che la scala sia tutto.
La verità, secondo Wang, è che questi strumenti sono già sufficientemente potenti. Ciò che manca è l’immaginazione. L’invito è quello di finanziare la creatività, non solo l’ingegneria. Le piattaforme esistenti, come i modelli Qwen 3 e DeepSeek R1, sono solidi e pronti all’uso; quello che manca è una generazione capace di usarli per migliorare la vita reale. Secondo Wang serve più coraggio, più fantasia, e soprattutto meno dipendenza dalle mode occidentali.

Oltre ChatGPT: futuro e responsabilità
Wang non nega l’importanza dell’impatto che ChatGPT ha avuto nel catalizzare investimenti e interesse verso l’AI. Ma avverte: l’attenzione ossessiva verso un solo tipo di applicazione rischia di appiattire il panorama. Non tutto ruota attorno ai chatbot, e continuare a inseguire un solo modello limita la diversità delle idee.
Wang invita a superare questo rumore e a rimettere al centro le vere domande: come può l’AI aiutare le persone nella loro quotidianità ? Come si può costruire qualcosa che resti utile anche tra dieci anni ? Secondo lui, buona parte delle tecnologie nate sull’onda di ChatGPT potrebbe svanire nel nulla. Solo le idee radicate nella realtà, e sviluppate con uno spirito curioso e pratico, riusciranno a durare. La Cina, con il suo mix di pragmatismo e ambizione, si candida a essere uno dei luoghi dove queste risposte potrebbero prendere forma. Cosa ne pensi del pensiero di Wang Jian, di la tua nei commenti.